8 marzo. Festa della donna
LETTERA APERTA DEL DOTT. SALVATORE SISINNI
Specialista in Malattie Nervose e Mentali
Primario ospedaliero di Psichiatria
In occasione dell’8 marzo si moltiplicano le iniziative per celebrare la donna con poesie, fiori rossi o gialli, rametti della classica mimosa e, nel contempo, per stigmatizzare il fenomeno, inquietante e - ahinoi! - crescente del femminicidio; crescente, nonostante il moltiplicarsi dei centri anti-violenza.
Lo scorso anno, l'8 marzo, in un’aula del Palazzo di Giustizia di Lecce, si svolse un Convegno sul tema: “C’eravamo tanto amati. Riflessioni sulla violenza alle donne, vittime di reato”.
Si alternarono, quel giorno, al microfono giuristi, psicologi, sociologi, giornalisti, avvocati; coordinati dal prof Cosimo Lorè, medico legale e criminologo salentino, docente nell’Università di Siena e in quella del Salento.
Dettò una riflessione il prof. Carlo Alberto Augieri, anche lui docente nell’Università del Salento, sul tema: “Può l’amore generare la violenza?”.
Voglio partire proprio da questa domanda, alla quale si potrebbe rispondere tanto “no” quanto “sì”.
Se uno ragiona pacatamente, mettendo da parte ogni sorta di sentimenti di rabbia o di odio - se ci riesce - si risponde “no”.
Se, invece, non ragiona e si lascia guidare, anzi, sopraffare dalle ragioni del cuore, si deve rispondere “sì”.
Perché chi uccide la propria donna - fidanzata, moglie, compagna o amante che sia - lo fa perché l’ha amata e, forse, l’ama ancora perdutamente, forse addirittura in modo patologico, sino, appunto, alla follia, per cui non sopporta che un altro, che vede e sente come rivale, lo sostituisca per sempre. Da qui l’atto estremo, l’atto di vera follia, anche se non sempre viene riconosciuta come tale dal Giudice al momento di comminare la pena, quasi sempre l’ergastolo.
Se vogliamo prendere in considerazione quanto uno psicanalista, del quale non ricordo il nome, ebbe a dire sull’argomento, esiste una gelosia femminile ed una maschile, intense e profonde tutte e due tanto quanto diverse una dall’altra, per le conseguenze a cui portano.
Quella femminile è scatenata dalla paura della perdita - e per sempre - della persona amata (fidanzato, marito, compagno o amante); quella maschile, invece, dalla paura, reale o supposta, ma quasi sempre reale, dell’infedeltà della donna, alla quale un tempo ha voluto bene - e forse ancora gliene vuole - e che gli ha dato anche dei figli, ancora abbisognevoli di assistenza sia materiale che paterna e materna, per cui si sente tradito e ferito nell’orgoglio, deprecabile residuo maschilista.
Questo stato d’animo, in un attimo di black out della mente, gli mette in mano un’arma (pistola o coltello) e lo induce a premere il grilletto o ad affondare la lama nel corpo di lei, vittima quasi sempre innocente.
E poi, spesso, rivolge la stessa arma, subito dopo, contro se stesso, per farla finita. È quasi un classico: alla maniera di Sansone: “Muoia Sansone con tutti i Filistei!”, che è rimasta nella storia.
Uno dei tanti aforismi del famoso giornalista e scrittore, Roberto Gervaso, recita: “La fine di un amore può essere anche la fine di una vita”.
Ed io aggiungo, a volte, di più vite, alcune delle quali del tutto incolpevoli, quali quelle dei figli, quasi sempre minorenni.
È proprio così... Addio discorsi sulla sacralità della vita, che potrebbero, anzi, dovrebbero fare almeno i credenti. Ma non soltanto per chi crede la vita è sacra o è un bene prezioso, che non si può sciupare o annullare.
E vien da pensare al film, capolavoro, di Benigni, “La vita è bella”, anche se si svolgeva in un contesto del tutto diverso.
E anche a Oriana Fallaci che, nella sua famosa “Lettera ad un bambino mai nato”, anche lei in un altro, diverso contesto, scriveva: “... nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferire al niente”.
E la morte è il “niente” - e per sempre -!
Per concludere, qualche tempo fa, scrivevo che i Centri anti-violenza, nati con la speranza di porre un freno alla violenza dilagante contro le donne di questi ultimi anni, a mio giudizio, non hanno sortito l’effetto che ci si aspettava.
I femminicidi non sono diminuiti, anzi, forse, sono aumentati. Probabilmente anche a causa dell’effetto “emulazione”, che, purtroppo, esiste.
Non vorrei essere frainteso: bisogna sempre denunciare, non nascondere, ogni violenza sia quella fisica che quella psicologica, e bisogna che siano comminate ai colpevoli pene esemplari.
Ma bisogna agire, con efficacia, nella famiglia e contemporaneamente nella scuola - due agenzie educative per eccellenza -
inculcando nei bambini prima e negli adolescenti dopo, che col tempo diventeranno giovani, adulti e anziani, che ogni tipo di violenza è deprecabile e andrebbe messa al bando in una società civile, qual è la nostra.
La donna, ogni donna, va sempre rispettata e, possibilmente, anche amata, perché è l’angelo della casa e in ogni famiglia anima tutto con la sua presenza.
C’è da augurarsi che l’omaggio alle nostre donne non si esaurisca con la giornata dell’8 marzo, ma che continui, costantemente vivificato ogni giorno, per tutto l’anno.
Lo meritano.
Con profonda stima.
Salvatore Sisinni