La psicologia del turismo, da viaggiatore a turista
A cura della
Dott.ssa Gilda De Giorgi
Psicoterapeuta e psicologa clinica, specializzata in salute
relazioni familiari e interventi di comunità
Maglie
Dall’agenzia viaggi al blog, da inevitabili viaggi migratori a turismo di massa, dal chiedere informazioni al tom tom. Distanze più brevi, fenomeno del melting pot, l’uomo sulla luna. Come si è evoluto il turismo e come si son modificati nel corso del tempo la concezione e il valore del viaggio. Ma soprattutto, cos’è il viaggio. L’etimologia del termine ci riporta al latino via e viaticum, ossia: cammino e provvista. Il termine si estese poi nel concetto stesso di viaggio, nel quale è intrinseco il significato di spostamento lungo una via.
Pensare il viaggio rimanda spesso all’ultima esperienza fatta per le rovine di Pompei, i mercatini di Natale di Vienna, i paesaggi tailandesi. In realtà, il nostro viaggio inizia molto prima, se con esso intendiamo la naturale propensione dell’uomo verso la scoperta, la conoscenza di paesi lontani e persone mai incontrate, di cui si narrano i racconti, dalla prima esplorazione visiva al gattonare dell’infanzia. Pensando al bambino, lo sguardo gettato oltre un conosciuto, come il viso materno, verso uno sconfinato nuovo.
Il turismo piuttosto, è un termine e un concetto recente, dal significato letterale di girare. A un livello più astratto e generalizzato, il termine turismo descrive un trasferimento ciclico, dal luogo ove si abita abitualmente, il domicilio, verso altra/altre località, per fini di svago, cultura, riposo, curiosità, sport, lavoro, cura, religione, ecc.
Vien da sé che sussiste una differenza tra il viaggiatore e il turista, in termini di autonomia, sensibilità, apertura verso l’alterità, impatto ecosociale. Allo stesso modo incontriamo viaggiatori molto diversi tra loro, come anche turisti, soprattutto se essi vengono “analizzati” rispetto la motivazione che crea la condizione di viaggio, che può essere di natura: fisiologica; interpersonale; psicologica; culturale; di status privilegiato; per esplorazione.
Rispetto all’impatto ecosociale oggi ci si muove nella direzione di convertire il turismo di massa in turismo ecosostenibile. E questo non solo per le trasformazioni architettoniche e strutturali che inevitabilmente vengono alimentate per trasformare una qualsiasi località in meta turistica. Ciò che si modifica è tutto l’ambiente e tutto il contesto che definiamo località, all’interno del quale spesso sfugge alla nostra attenzione il locale, l’ospitante.
Il viaggio, che sia turismo o no, porta con sé una serie di modificazioni rispetto a rapporti sociali, cultura, gruppi, per il sistema adattivo ingaggiato reciprocamente tra ospitato e ospitante. Per questa ragione, ma non solo, proprio all’interno della Psicologia Sociale, ha preso forma negli anni ’80 la disciplina della Psicologia del Turismo o Turistica. Questa, per definizione, studia i comportamenti turistici individuali e di gruppo, ossia, a partire dagli agiti, che possono essere i flussi migratori, piuttosto che il grado di adattamento del turista all’ambiente e viceversa, il marketing turistico, la pubblicizzazione e condivisione sociale dell’esperienza, trae ipotesi su fattori intrinseci e interpersonali del turista, definendone motivazioni, rappresentazioni mentali, capacità cognitive.
Si tratta di una branca della psicologia recente in quanto si è da sempre trattato il viaggio, turistico o meno, da una prospettiva economica, implementando l’offerta, quindi la località da incontrare, ma, depauperando la domanda dell’aspetto psicologico, e ignorando totalmente il significato psicosociale, antropologico e culturale dell’incontro tra domanda e offerta, tra ospitato e ospitante, tra alterità. La Psicologia Turistica sposta il focus quindi da un punto di vista quantitativo a uno qualitativo, analizzando il lato simbolico del viaggio, del viaggiare, inteso come tensione della mente verso un altrove ignoto, da cui prende corpo il valore formativo del viaggio stesso. Lucrezio, nel De Rerum Natura, scrive:
Se fuori da queste ampie mura del mondo
Si stende lo spazio,
La mente vuole alzarsi a vedere
E in quel vuoto l’animo mio peregrinare.
Già lo stesso atto decisionale, come “Partire? E per dove?”, richiedono lo sforzo di coniugare immaginario, aspettative, bisogni, motivazioni, possibilità, attraverso una forma di razionalità limitata, o meglio mediata da una forma di emozionalità. E questo porta con sé una riflessione su come e perché si sia evoluto il viaggio nella storia dell’uomo e si evolva continuamente nella storia di vita del singolo, durante la quale cambiano le esigenze, il grado di consapevolezza del sé, il livello di sviluppo di personalità. Banalmente si potrebbe portare come esempio la differenza tra il viaggio di una persona singola e il viaggio di una famiglia.
Dall’atto decisionale si passa poi alla fase preparatoria al viaggio, durante la quale vanno incrementandosi le attività strumentali al partire, si ricercano informazioni sempre più mirate e competenti, l’immaginario si arricchisce di fantasie, aspettative e prefigurazioni che veicolano uno stato emozionale sempre più intenso. Ci si potrebbe domandare se l’atto preparatorio, piuttosto che il preludio, non sia già esso stesso l’inizio del viaggio, mentale che anticipa il fisico.
Riflettendo, anche le concezione del tempo e dello spazio si modificano durante questo periodo ritualizzato, durante il quale il presente viene vissuto in funzione del futuro, viaggio, per approdare poi in quelli che Augè definisce Nonluoghi, come gli aeroporti, le stazioni, tutti identici tra loro, che sembrano quasi una terra di mezzo, sospesi nello spazio e nel tempo in quanto luoghi transitori. Non appena vissuto, il viaggio, diventa ricordo, aneddoto da raccontare al rientro, esperienza di vita, barometro di apertura e chiusura relazionale, di cui si valuta il grado di soddisfazione.
L’analisi delle emozioni si colloca come elemento essenziale del lavoro dello psicologo del turismo, attraverso il quale può capire e interpretare le scelte del turista all’inizio, come il grado di soddisfazione/ delusione alla fine. Le emozioni infatti, e l’intelligenza emotiva soprattutto, intervengono nella scelta e preparazione del viaggio, ma anche nella visione del nuovo ambiente e nell’incontro con i locali. Atteggiamenti di apertura, condivisione ed empatia, come all’opposto atteggiamenti di chiusura, indifferenza, ostilità e timore verso l’alterità, fanno sì, tra le altre cose, che una località possa realmente essere definita come turistica o meno, diventi luogo di culto.
Se l’empatia del viaggiatore porta con sé il rispetto per ciò e per chi si incontra e una sua tutela per il desiderio di incontrarla ancora, allo stesso modo nel locale porterà ad una reale condivisione di tempo, spazio, cultura, oltre che una tutela dell’ambiente, da non intendere da mero strumento di guadagno. In sostanza, la Psicologia Turistica risponde a differenti quesiti come: Il cliente-turista è soddisfatto del servizio offerto? Gli operatori turistici hanno una formazione adeguata? Cosa spinge un turista a scegliere una particolare destinazione rispetto ad altre? Posso influenzare le sue scelte? Se sì, in che modo?
La collaborazione tra questa disciplina e l’economia, la politica, la sociologia, l’archeologia, la tecnologia ecc, spiegano come non sia un caso preferire una meta rispetto ad un’altra, come Venezia sia riuscita a implementare il turismo ecosostenibile, come ieri ci si basava sul passaparola e oggi sulle pagine instagram, come a 15 anni sognavamo Disneyland e a 40 il weekend in spa.
Seppur recente la Psicologia Turistica è particolarmente vasta e complessa, come lo sono tutti gli studi sull’uomo. In questa sede ci si è limitati ad una sua presentazione e ad una prima riflessione sul senso valore del viaggio e del turismo.
Goleman D., La natura dell’Intelligenza Emotiva, Milano, Rizzoli, 2009
Villamaria M. A., Psicologia del viaggio e del turismo, Torino, UTET Libreria, 2001
https://rivistalions108yb.wordpress.com/sommario/il-turismo-oggi-di-agostino-porretto