L'amniocentesi
L'amniocentesi è un esame diagnostico prenatale utilizzato per individuare una serie di anomalie genetiche; viene eseguita, di solito, se in famiglia si riscontrano precedenti disturbi ereditari o legati al sesso del nascituro oppure se il ginecologo sospetta patologie non riscontrabili con altri esami.
L’amniocentesi si rivela utilissima, per esempio, nel caso di madri portatrici di disturbi di origine genetica, quali la fibrosi cistica, l’emofilia o alcune forme di distrofia muscolare che può essere contratta dai bambini di sesso maschile con una probabilità del 50%.
Questa procedura consente, dunque, di individuare varie alterazioni cromosomiche, in particolare la cosiddetta trisomia 21, cioè la Sindrome di Down, le malattie ereditarie del feto e alcune malattie del sistema nervoso centrale.
L'amniocentesi di solito viene consigliata o addirittura raccomandata alle donne che hanno superato i 35 anni anche se, con sempre maggiore frequenza e facilità, vi fanno ricorso anche donne più giovani, bisognose di verificare che il loro bimbo sia in salute; a questo proposito, è opportuno evidenziare che si tratta di un esame non ordinario, che potrebbe influenzare l’andamento della gravidanza.
Quali sono le modalità di esecuzione?
Questo esame viene praticato attraverso una puntura in una ristretta porzione di addome dove, previa guida ecografica, si inserisce con estrema cautela, un apposito ago (di circa 10-12 cm) per prelevare dal sacco amniotico l’equivalente di circa 14g di liquido che viene, poi, “centrifugato” per isolare le cellule del feto. Queste vengono tenute in coltura da un minino di 17 a un massimo di 35 giorni. L’anestesia locale o generale non è necessaria se non per motivi prettamente “psicologici” in caso di pazienti molto ansiose.
Solitamente, l'amniocentesi viene eseguita tra la sedicesima e la diciottesima settimana di gravidanza. Si parla in questo caso di amniocentesi precoce: viene effettuata quando l’amnios, la membrana che avvolge l’embrione, ha raggiunto dimensioni sufficienti affinché la pratica non costituisca un rischio per il feto. Si parla, invece, di amniocentesi tardiva quando, nel terzo trimestre (dopo la ventesima settimana), possono verificarsi condizioni tali da richiedere il prelievo di liquido amniotico per fini diversi da quelli citogenici.