Genitori, come gestire la paura da coronavirus con i propri figli
A cura della
Dott.ssa Giulia Miglietta
Psicologa - Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico socio-costruttivista
Taviano (Lecce)
“[...] la convinzione parentale prevalente è che un bambino deve essere distratto da quello che maggiormente lo turba, dalle sue ansie informi e senza nome e dalle sue fantasie caotiche. Molti genitori credono che al bambino dovrebbero essere presentate soltanto la realtà conscia o immagini piacevoli e capaci di andare incontro ai suoi desideri: egli dovrebbe insomma essere esposto unicamente al lato buono delle cose. Ma questo alimento unilaterale nutre la mente soltanto in modo unilaterale, e la vita reale non è tutta rosa e fiori”.
Il mondo incantato (1975). Bruno Bettelheim
In questo periodo molti genitori si sono ritrovati alle prese con tale interrogativo: come faccio a spiegare a mio figlio l’emergenza da coronavirus? come faccio a rassicurarlo? O, al contrario, come faccio ad allertarlo? Insomma gestire la propria preoccupazione e quella dei propri figli non è sicuramente cosa semplice, si ha la sensazione di sbagliare in qualsiasi cosa si dica loro.
Innanzitutto bisognerebbe auto-regolarsi: un genitore che ha paura deve saperla gestire! Questo non significa negare la propria emozione ma dimostrare di saperla affrontare, ovvero difendersi da essa quando prende il sopravvento ma accoglierla quando tutela, perché la paura ha un grande potenziale adattivo, non è affatto un’emozione “negativa”.
Come tutte le emozioni primarie (gioia, tristezza, rabbia, stupore), la paura è un’espressione emotiva profonda che ha senso e ragione di essere sperimentata, è istintiva ed è “tarata” per la sopravvivenza; diventa disfunzionale quando si trasforma in panico, prendendo il sopravvento in modo esacerbato.
Dunque, riconoscere le proprie emozioni e saperle gestire, significa saperle comunicare e condividere. Non serve farsi vedere inattaccabili, o al contrario indifesi, serve parlarne in modo sincero ma temperato, evitando teatralizzazioni di ciò che si prova. I figli comprenderanno che anche il proprio genitore è vulnerabile e che prova le sue stesse emozioni senza vergogna e senza nascondersi. In questo momento il processo del rispecchiamento creerà un’importante occasione di sviluppo del rapporto empatico tra genitore-figlio.
È molto importante essere onesti con i propri figli circa la situazione che si sta vivendo, raccontare bugie o “meglio non dire nulla” al fine di “lasciarli tranquilli” non è il modo più utile per confrontarli con l’esame di realtà. Il bambino deve poter sperimentare occasioni di vita che gli facciano comprendere che il mondo ideale della primissima infanzia non esiste e che la frustrazione del proprio desiderio è una condizione esistenziale inevitabile e con la quale serve confrontarsi per poter sviluppare strategie di adattamento. Oltretutto, i bambini colgono molto bene l’ambivalenza dei messaggi che ricevono dagli adulti, vivendo il doppio legame, ovvero il “ciò che dici è diverso da ciò che agisci”, con grande angoscia. La confusione, il sospetto, il non detto sono dei potenziali ansiogeni molto più deleteri di una verità poco appagante.
Permettere poi ai propri figli di esprimere il loro vissuto è fondamentale! Lasciamoli fare domande, parlare e fantasticare, lasciamoli disegnare, rappresentare il “mostro”. Verbalizzare o proiettare in un prodotto grafico ciò che si sente ha una grande utilità, oltre che catartica anche di controllo, di sé e delle proprie emozioni, poiché “metterle fuori” permette di renderle tangibili, dando loro una forma, un colore, un’organizzazione su cui sviluppare pensiero e riflessione, scongiurando agiti o somatizzazioni.
Spiegare ai più piccoli, con parole semplici, rassicurando e raccomandando allo stesso tempo, è quello che siamo chiamati a fare da genitori, educatori e professionisti della salute, non dimenticando che il mezzo più potente e immediato di insegnamento è l’esempio, ovvero l’apprendimento per imitazione. I bambini fanno ciò che vedono fare più che ciò che gli viene detto di fare, per questo farci trovare pronti ad affrontare le difficoltà, con responsabilità, senza drammatizzazione, è un buon messaggio da far passare ai più piccoli.