Anziani e solitudine: un binomio consolidato
Perché la mancanza di relazioni sociali accorcia la vita?
Le statistiche parlano chiaro: un anziano su cinque è a rischio isolamento e le cause sono molteplici, a partire dalla perdita del coniuge o dall'avere i figli adulti ormai lontani, sino all'essere affetti da malattie croniche o disabilità varie che, di fatto, impediscono di vivere una condizione sociale “normale”.
Un recente studio condotto dalle Università della California e di Chicago ha evidenziato il nesso tra solitudine e deterioramento della qualità della vita: pare, addirittura, che la vita stessa si accorcerebbe, poiché la solitudine e l'emarginazione sociale aumenterebbero il rischio di malattie.
Il primo a essere colpito dalla mancanza di relazioni sociali sarebbe il sistema immunitario, con conseguente danneggiamento delle risposte antivirali e della produzione di globuli bianchi, che causano una maggiore esposizione alle malattie.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel “Piano d'azione sulla salute mentale per il 2013-2020” descrive la popolazione anziana come “un gruppo vulnerabile di persone a elevato rischio di disturbi mentali”.
Dati statistici parlano degli anziani italiani come i più depressi d'Europa: nello specifico, le più colpite sono le donne over 65 con una percentuale del 58%, specie se risiedono in case di riposo e istituti di lungodegenza. La sintomatologia è caratterizzata da ansia, agitazione, disturbi gastrointestinali di natura somatica, affaticamento e alterazioni cognitive che possono anche sfociare in demenza senile vera e propria.
Visti questi presupposti, è quantomai importante uscire dall'isolamento e partecipare alla vita sociale, coltivare amicizie e interessi e condividere eventuali difficoltà e disagi.
È necessario che le istituzioni o le associazioni locali predispongano spazi e occasioni di incontro e socializzazione e attività ricreative per quegli anziani che, comunque, non hanno bisogno di una assistenza sanitaria specifica, pur essendo soli.